giovedì 8 dicembre 2011

Carl Barks’ Donald Duck

Abbandoniamo, per un momento, le ristampe di Fumetto delle agenzie giornalistiche, per occuparci del debutto di una nuova collana della Fantagraphics.
È, infatti, apparso il primo volume della prevista ristampa integrale del DONALD DUCK di Carl Barks.

Qualcuno dirà: roba vecchia!
In effetti, l’ANAFI ce l’aveva già offerto e la rivista “Zio Paperone” aveva fatto altrettanto, senza dimenticare “La grande dinastia dei Paperi” e, prima di tutti, la “Carl Barks Library” dell’Another Rainbow.

Mi spiace contraddirvi, ma questa della Fanta rischia davvero di essere l’edizione definitiva dell’opera barksiana.

Questo primo volume (Donald Duck “Lost in the Andes”) è un bel cartonato in formato cm 19x26, ottimamente stampato a colori su buona carta opaca leggera e con copertina plastificata (senza sovracopertina). Il tutto al prezzo di $24.99.

Le pagine sono 226 (circa 200 di fumetti) e vi sono ristampate le storie barksiane dal dicembre 1948 all’agosto 1949.
Si apre con una biografia di Barks redatta da Donald Ault (noto esperto barksiano).
Seguono le storie lunghe relative al periodo in questione, poi le storie da dieci pagine e, infine, le storie da una pagina.
In chiusura, abbiamo una serie di brevi saggi dedicati ad ogni storia (ad opera di una serie di esperti tra cui i nostri Becattini, Gori, Priarone e Stajano).
In ultima pagina abbiamo le biografie dei collaboratori e un elenco delle storie con luogo e data di prima pubblicazione.

La grafica è accattivante (con la copertina elaborata da Jacob Covey e gli interni da Tony Ong) e una particolare menzione va al colorista Rich Tommaso, che ha compiuto un umile ma prezioso lavoro, ricolorando tutte le pagine, ma usando come guida i colori della prima edizione in albo delle storie (niente oscene ricolorazioni pesantemente photoshoppate, che Groth pare odiare quanto me).

È prevista l’uscita di due volumi l’anno e la collana durerà circa 30 libri.

Ma il meglio devo ancora scrivervelo: le storie presentate sono finalmente senza censure!
Se andiamo a vedere la mitica “Woodoo Hoodoo", ad esempio, il trombettista Bop Bop, che Donald incrocia nella prima tavola, è finalmente ritornato un afroamericano e parla con un’accento del Sud (AN’ IF AH EVAH DOES, IT’LL BE JUST A SHORT GLANCE).

L’assurdo revisionismo politically correct della vecchia “Carl Barks Library” è stato finalmente accantonato!
E, secondo quanto aveva detto Gary Groth in una vecchia intervista, tutto ciò avviene in un’edizione mirata ad essere “popolare” e non “per collezionisti”!!!

Niente difetti? Ebbene, uno c’è di sicuro: il povero Alberto Becattini nei ringraziamenti iniziali è diventato “Becatinni” e nelle note finali è divenuto “Beccatini”, ma pretendere che degli Americani mettano le doppie consonanti al punto giusto è cosa davvero spropositata (e, comunque, hanno sbagliato solo due volte su quattro...).

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