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sabato 14 agosto 2010

Un eroe chiamato “Mattone”?

Dato che nel suo sito, ripercorrendo la storia dell’editoria italiana a fumetti degli Anni Trenta, “Donald” è arrivato al momento dell’introduzione di BRICK BRADFORD sul giornale mondadoriano “I Tre Porcellini” (nel 1935), mi lancio in qualche disordinata riflessione su questo personaggio e i suoi autori.

BRICK BRADFORD esordì il 21 agosto 1933 per la Central Press Association di Cleveland.
Questa agenzia era stata aquistata, nel 1930, dal potente gruppo editoriale di William Randolph Hearst, che dapprima l’aveva gestita indipendentemente e poi l’aveva fatta confluire nella più grande King Features Syndicate.

Per la CPA lavorarono, nei primi Anni Trenta, parecchi autori noti tra cui Paul Robinson (ETTA KETT e AMONG US GIRLS), Lee Stanley (OLD HOME TOWN) George “Swan” Swanson (HIGH PRESSURE PETE), Wally Bishop (MUGGS McGINNIS), Les Forgrave (BIG SISTER) e Clifford McBride (meglio noto per il suo NAPOLEON, che relizzava però per l’agenzia di Arthur J. Lafave).
Per questa agenzia lavorava anche il giornalista William Ritt, realizzando articoli sportivi (solitamente accompagnati dalle vignette di Jack Sords), ma scrivendo anche fumetti.
Tra questi, ricordiamo FRANK MERRIWELL'S SCHOOLDAYS (dal 20 luglio 1931 al 14 luglio 1934) e il suo sostituto CHIP COLLINS' ADVENTURES (distribuito dal 16 luglio 1934 al 15 giugno 1935), entrambi con il disegnatore Jack R. Wilhelm

e poi GABBY (dal 29 luglio al 26 ottobre 1935) con Joe King.

Quando sia avvenuto l’accorpamento definitivo della CPA nella KFS non lo so (potrebbe essere stato intorno al 1960?), ma BRICK BRADFORD cambiò scuderia (anche se si trattò di un cambio, chiaramente, solo formale) nel corso del 1937. L’ultima giornaliera targata CPA fu quella del 27 marzo 1937, ma, stranamente, l’ultima domenicale prima del passaggio alla KFS fu quella del 20 novembre (oltre sei mesi dopo).


Un aspetto di BRICK BRADFORD che mi ha sempre reso perplesso è il nome dell’eroe.
Di solito, nella letteratura (specialmente quella popolare) si raccomanda di dare ai personaggi un nome che dia subito un idea delle caratteristiche del personaggio.
Da questo punto di vista, la nota traduzione italiana di Guido Ventura è eccellente.
Cosa meglio di Ventura per il cognome di un eroe?
Il problema è il nome originale...
Se Bradford è un comune cognome anglofono (il cui significato presumo si potrebbe far risalire alla fusione delle parole “broad ford”, ovvero “largo guado”, che trovo non particolarmente indicative), il nome “Brick” mi ricorda più la Koncussione Kranica di Krazy Kat, che un qualcosa che debba dare immediata suggestione di forza, audacia o eroismo.
Brick, gergalmente, può anche indicare una brava persona (“Be a brick, land me a hand!”: “Fai il bravo, dammi una mano!”), ma il mio dizionario lo riporta come un gergalismo britannico (quindi inadatto ad un pubblico americano).
Resta l’ovvia traduzione di “mattone”, che, ad essere franco, non mi sembra adeguatamente suggestiva, per non dire che l’accoppiata di nome e cognome mi sembra, dal suono, più adatta ad un eroe umoristico.
Sarà colpa della mia scarsa conoscenza dell’idioma inglese...


BRICK BRADFORD ebbe una lunga vita (terminò il 10 maggio 1987), anche se possiamo, credo ragionevolmente, dire che i primi anni furono il periodo aureo (onestamente, l’era Norris, post ’57, non l’ho mai trovata interessante)
In questo periodo aureo, le avventure, pure se afflitte dalle tipiche falle della letteratura popolare (personaggi piatti come carta velina, una certa tendenza all’inutile digressione narrativa, che Alfredo Castelli chiamava le “tigri del Martini”), erano ricche di ironia e spunti originali (per l’epoca) e denotavano una grossa documentazione (Ritt era un appassionato di archeologia, con forte conoscenza soprattutto delle antiche civiltà del continente americano) e, anche nelle invenzioni fantascientifiche, le storie erano molto più credibili rispetto ad altre space-operas del tempo che pescavano più nel fantastico che nello scientifico, con una chiarezza narrativa che non si disgiungeva dalla precisione, sintesi e pulizia del disegno di Gray (certo un po’ rigidino e, a volte, soprattutto nelle giornaliere, sommario fino al tirato via).


Riguardo Clarence Gray, svolse anche l’attività di illustratore e, per arricchire almeno graficamente queste mie disordinate riflessioni, ecco una piccola galleria di sua lavori.